E’ il fenomeno musicale della stagione. Basta scorrere le classifiche di vendita (anche italiane) per trovare nomi house come Daft Punk, Modjo o Spiller, gli ultimi eroi, ai primi posti.
Non c’è radio, o locale, che non sia coinvolto in questo nuovo movimento di globalizzazione musicale. Eppure non siamo di fronte all’ultima novità. Nel 2002 l’house diventa maggiorenne!
Risale infatti al 1984 il primo disco house, ‘On and on tracks’ (Jesse Sanders) realizzato a Chicago su un’economica drum machine.
Ed è dal WAREHOUSE, il locale di Chicago, allora guidato da Frankie Knuckles (tuttora dj di fama mondiale) che per primo propose house al suo pubblico, che deriva il nome della nascente rivoluzione musicale.
Il mix eclettico di Philly soul, NY disco ed elettronica europea sconvolge una scena fino a quel momento legata all’hip hop e alla blackmusic.
Bastano pochi campionamenti, un mixer ed una drum machine Roland per produrre musica. Vengono ribaltati tutti i canoni tradizionali e cambia la figura stessa del musicista.
Chiunque può creare, e il fenomeno si amplia.
Da Chicago passa a Detroit (dove successivamente nascerà la techno) e nel giro di poco attraversa l’oceano.
L’Inghilterra, come spesso avviene, è la più ricettiva e in poco tempo Londra e Manchester ne diventano i punti di riferimento.
E’ soprattutto la fervente scena mancuniana a trascinare le masse verso la nuova frontiera dance: l’Hacienda ne diventa il faro e proprio l’influenza house favorisce la rinascita del pop – groovy oriented – grazie ai giovani Happy Mondays e Stone Roses.
Il 1987 è l’anno della definitiva consacrazione.
Il progetto inglese MARRS genera ‘Pump up the volume’, la prima hit house a livello planetario, e l’estate stessa verrà ricordata come ‘The summer of love’.
Ibiza – acid (aciiieeeed!) house – ecstasy. Un mix micidiale. Un must!
E’ il periodo di ‘peace-love-unity’ (molto neohyppie) e degli smile su magliette e spilline.
I giovani inglesi alle loro vacanze sull’isola chiedono ballo, divertimento e amore (chimico).
I club si moltiplicano e da Ibiza partono nuove influenze che contagiano definitivamente la capitale inglese.
Mentre -finalmente- le prime ‘scorie’ house raggiungono le nostre terre (col notevole successo di produzioni quali Sueno Latino, 49ers o Blackbox – spaghetti house), il largo diffondersi dell’ecstasy (‘E’) spaventa i grandi club inglesi che nei primissimi anni 90 boicottano le serate house perché troppo legate all’uso di questa nuova droga.
Si diffonde il ‘fai da te’ ed esplode la rave-mania: le feste non autorizzate che durano notti intere e dove circola liberamente di tutto, organizzate in vecchi complessi industriali abbandonati, crescono a dismisura fino a diventare incontrollabili dalle forze dell’ordine.
Contemporaneamente (1989) alcuni berlinesi, approfittando della libertà finalmente raggiunta dopo la caduta del muro, organizzano la prima Love Parade, il grande rave itinerante per il centro di Berlino che passa nel giro di pochi anni da centinaia a milioni di partecipanti.
Ed è sulla scena rave che si fanno le ossa gruppi come i Prodigy mentre altri (Chemical Brothers / Underworld) ne vengono notevolmente influenzati.
Questi (‘90-’95) sono gli anni di massimo sviluppo house in tutte le direzioni: nascono mille varianti (commerciale, progressive, garage, trance, acid, ambient, molti richiami nella nascente jungle), si moltiplicano i dj destinati verso fine decennio a diventare vere e proprie star, ed i neonati gruppi la interpretano in stile rock, fondendo, nei concerti, gli atteggiamenti e le attitudini del rock all’energia e alla freschezza della svolta elettronica.
Il versante americano, di contro, meno influenzato dai rave, rimane molto ancorato alle origini, il che porta alla produzione di versioni più sofisticate del sound primordiale.
Emergono nuovi nomi (Tony Humphries, Roger Sanchez, Armand Van Helden in USA, Erik Morillo, Paul Oakenfold, Sasha in UK) e nascono i superclub (Ministry of Sound fra tutti).
Nel 1996 un oscuro duo francese, Daft Punk, viene scoperto dalla Soma etichetta di Glasgow riferimento della allora attivissima scena scozzese. Non passano inosservati e vengono contrattualizzati dalla Virgin. Con 2 milioni di copie vendute del loro debutto -Homework (1997) – ed un sound innovativo e trainante diventano ben presto i leader del nascente movimento house francese. Cassius, S.Germain, Laurent Garnier, Modjo, sul finire del secolo rinnovano un successo che dura tuttora e che dà l’impronta al lifestyle di questi giorni: sofisticato, raffinato, elegante.
E così l’house, fatta di bassi ripetuti, di movimenti che richiamano antichi ritmi tribali, e contaminata dal funky e dal soul, dopo aver sconvolto e destabilizzato per oltre 2 lustri le incrollabili certezze dei ‘puristi del rock’ è, pian piano, inconsciamente e subdolamente entrata nelle nostre orecchie, nei nostri cuori, nella nostra vita.
L’effetto della globalizzazione ha fatto il suo corso. Per tanti è una sorpresa.
Non per chi scrive.
[Originariamente pubblicato su ALTO n°8 – 2001]
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